Terza Domenica di Pasqua anno B

Invochiamo lo Spirito Santo


Vieni, o Spirito creatore,

visita le nostre menti,

riempi della tua grazia

i cuori che hai creato.

 

O dolce consolatore,

dono del Padre altissimo,

acqua viva, fuoco, amore,

santo crisma dell’anima.

 

Dito della mano di Dio,

promesso dal Salvatore,

irradia i tuoi sette doni,

suscita in noi la parola.

 

Sii luce all’intelletto,

fiamma ardente nel cuore;

sana le nostre ferite

col balsamo del tuo amore.

 

Difendici dal nemico,

reca in dono la pace,

la tua guida invincibile

ci preservi dal male.

 

Luce d’eterna sapienza,

svelaci il grande mistero

di Dio Padre e del Figlio

uniti in un solo Amore. Amen.

 


Ascoltiamo la Parola di Dio

At 3,13-15.17-19 Avete ucciso l’autore della vita, ma Dio l’ha risuscitato dai morti.

In quei giorni, Pietro disse al popolo: «Il Dio di Abramo, il Dio di Isacco, il Dio di Giacobbe, il Dio dei nostri padri ha glorificato il suo servo Gesù, che voi avete consegnato e rinnegato di fronte a Pilato, mentre egli aveva deciso di liberarlo; voi invece avete rinnegato il Santo e il Giusto, e avete chiesto che vi fosse graziato un assassino. Avete ucciso l’autore della vita, ma Dio l’ha risuscitato dai morti: noi ne siamo testimoni.

Ora, fratelli, io so che voi avete agito per ignoranza, come pure i vostri capi. Ma Dio ha così compiuto ciò che aveva preannunciato per bocca di tutti i profeti, che cioè il suo Cristo doveva soffrire. Convertitevi dunque e cambiate vita, perché siano cancellati i vostri peccati».

Dal Sal 4: “Risplenda su di noi, Signore, la luce del tuo volto”.

Quando t’invoco, rispondimi, Dio della mia giustizia!

Nell’angoscia mi hai dato sollievo;

pietà di me, ascolta la mia preghiera. R.

Sappiatelo: il Signore fa prodigi per il suo fedele;

il Signore mi ascolta quando lo invoco.

Molti dicono: «Chi ci farà vedere il bene,

se da noi, Signore, è fuggita la luce del tuo volto?». R.

In pace mi corico e subito mi addormento,

perché tu solo, Signore, fiducioso mi fai riposare. R.

1Gv 2,1-5a Chi invece osserva la sua parola, in lui l’amore di Dio è veramente perfetto.

Figlioli miei, vi scrivo queste cose perché non pecchiate; ma se qualcuno ha peccato, abbiamo un Paràclito presso il Padre: Gesù Cristo, il giusto. È lui la vittima di espiazione per i nostri peccati; non soltanto per i nostri, ma anche per quelli di tutto il mondo.

Da questo sappiamo di averlo conosciuto: se osserviamo i suoi comandamenti. Chi dice: «Lo conosco», e non osserva i suoi comandamenti, è bugiardo e in lui non c’è la verità. Chi invece osserva la sua parola, in lui l’amore di Dio è veramente perfetto.

 

Acclamazione al Vangelo:

Signore Gesù, facci comprendere le Scritture;

arde il nostro cuore mentre ci parli. (Cfr. Lc 24,32)

 

Lc 24,35-48

35 Ed essi narravano ciò che era accaduto lungo la via e come l’avevano riconosciuto nello spezzare il pane.

36 Mentre essi parlavano di queste cose, Gesù in persona stette in mezzo a loro e disse: “Pace a voi!”. 37 Sconvolti e pieni di paura, credevano di vedere un fantasma. 38 Ma egli disse loro: “Perché siete turbati, e perché sorgono dubbi nel vostro cuore? 39 Guardate le mie mani e i miei piedi: sono proprio io! Toccatemi e guardate; un fantasma non ha carne e ossa, come vedete che io ho”. 40 Dicendo questo, mostrò loro le mani e i piedi. 41 Ma poiché per la gioia non credevano ancora ed erano pieni di stupore, disse: “Avete qui qualche cosa da mangiare?”. 42 Gli offrirono una porzione di pesce arrostito; 43 egli lo prese e lo mangiò davanti a loro.

44 Poi disse: “Sono queste le parole che io vi dissi quando ero ancora con voi: bisogna che si compiano tutte le cose scritte su di me nella legge di Mosè, nei Profeti e nei Salmi”. 45 Allora aprì loro la mente per comprendere le Scritture 46 e disse loro: “Così sta scritto: il Cristo patirà e risorgerà dai morti il terzo giorno, 47 e nel suo nome saranno predicati a tutti i popoli la conversione e il perdono dei peccati, cominciando da Gerusalemme. 48 Di questo voi siete testimoni.

 49 Ed ecco, io mando su di voi colui che il Padre mio ha promesso; ma voi restate in città, finché non siate rivestiti di potenza dall’alto”.

Meditiamo il Vangelo

Il Vangelo di questa domenica è il brano immediatamente successivo a quello dei 2 discepoli di Emmaus che delusi dalla fine ingloriosa di Gesù si erano allontanati da Gerusalemme e, sconsolati, stavano facendo ritorno a Emmaus. Durante il cammino Gesù si affianca a loro, spiega loro, secondo le Scritture, che era necessario che il Cristo patisse per entrare nella Sua gloria e poi si rivela a loro nel gesto dello spezzare il pane. I discepoli, pieni di meraviglia e con i cuori ardenti, fanno ritorno “senza indugio” a Gerusalemme dove trovano gli Undici riuniti e “narravano ciò che era accaduto lungo la via e come l’avevano riconosciuto nello spezzare il pane”.

Mi stupisce che anche qui Luca mette in risalto le stesse cose: il turbamento iniziale, Gesù che si rivela nell’atto del mangiare e apre le menti dei discepoli perché comprendano il senso delle Scritture. Mentre nel brano dei discepoli di Emmaus la spiegazione delle Scritture veniva prima dello spezzare il pane, proprio come noi facciamo nella Messa, qui invece il mangiare insieme precede la spiegazione delle Scritture quasi a dire che entrambe i momenti, quello dell’agape fraterna e quello dell’ascolto della Parola, sono entrambi momenti fondamentali per riconoscere Gesù risorto, vivo e presente in mezzo a noi, e che non c’è una gerarchia tra i due. La Chiesa ci insegna che Gesù è presente nel pane eucaristico, con la Sua presenza reale, ma è presente anche nella Sua Parola, anzi è Lui stesso Parola di Dio, ed è presente anche nella comunità che si riunisce nel Suo nome.

Questa è anche la versione di Luca della prima delle 2 apparizioni del Risorto ai discepoli che abbiamo ascoltato domenica scorsa dal Vangelo secondo Giovanni. Anche qui ci sono elementi in comune come il saluto di Gesù “Pace a voi!”; la paura dei discepoli; Gesù che mostra le mani e i piedi, secondo la versione di Luca, le mani e il fianco, secondo la versione di Giovanni; la gioia dei discepoli; Giovanni dice che Gesù effonde sui discepoli lo Spirito Santo, Luca dice che “aprì loro la mente, perché comprendessero le Scritture” che è un frutto dell’azione dello Spirito Santo.

«Mentre essi parlavano di queste cose [e cioè appunto delle apparizioni del Risorto], Gesù in persona stette in mezzo a loro e disse: “Pace a voi!”». Mi colpisce lo “stare” di Gesù in mezzo ai suoi discepoli. Il testo greco usa il verbo éstE (da ìstEmi) che indica lo stare in piedi stabilmente, con una certa continuità. Non è un’apparizione improvvisa, né fugace. Gesù sta in mezzo a loro, è presente in mezzo a loro. I discepoli non se ne accorgono, come spesso il Vangelo sottolinea per le apparizioni del Risorto, ma Gesù è presente in mezzo a loro. Questo vale anche per noi oggi: ci rendiamo conto che Gesù è presente in mezzo a noi? Prima della Messa lo abbiamo adorato presente nell’Eucarestia; durante la Messa prima lo abbiamo ascoltato, nella Sua Parola, poi Lui stesso è venuto in mezzo a noi nel pane eucaristico ed è venuto dentro di noi se lo abbiamo ricevuto nella comunione; ora nuovamente siamo qui, riuniti nel Suo nome, ad ascoltare la Sua Parola e sappiamo che “dove sono due o tre riuniti nel mio nome, lì sono io in mezzo a loro” (Mt 18,20b) . Ci rendiamo conto che Gesù è veramente presente in mezzo a noi? Certo, anche noi come i discepoli di Emmaus o come gli 11 apostoli facciamo fatica a riconoscerlo, ma Gesù è presente. Generazioni di santi hanno costruito la loro spiritualità intorno a questo “stare” costantemente alla presenza del Signore, che non significa solo sostare in preghiera davanti al tabernacolo, ma vivere con la convinzione che Lui è vicino a noi in ogni momento della nostra vita. San Paolo diceva: “Non sapete che il vostro corpo è tempio dello Spirito Santo, che è in voi?” (1Cor 6,19); l’evangelista Giovanni dice: “Se uno mi ama, osserverà la mia parola e il Padre mio lo amerà e noi verremo a lui e prenderemo dimora presso di lui” (Gv 14,23); Sant’Agostino diceva che Dio “è più intimo a me di me stesso” e anche “Tu eri dentro di me, e io fuori. E là ti cercavo”. Sì perché spesso siamo noi ad essere fuori di noi stessi: dov’è la nostra mente in questo momento? A cosa stiamo pensando? A cosa pensiamo mentre preghiamo, mentre celebriamo la Messa?

Gesù risorto è vivo, ma non è solo vivo nei cieli o da qualche parte lontano, è vivo e presente in mezzo a noi. Se siamo credenti questo non può non cambiare la nostra vita.

La coscienza di stare alla presenza di Dio si chiama “timore di Dio”; è l’atteggiamento di chi è cosciente di vivere sempre sotto il Suo sguardo e si preoccupa di piacere più a Lui che agli uomini. Il Sal 139 dice: “Signore, tu mi scruti e mi conosci … ti sono note tutte le mie vie” e, più avanti, “Dove andare lontano dal tuo spirito? Dove fuggire dalla tua presenza? Se salgo in cielo, là tu sei; se scendo negli inferi, eccoti.”. Non c’è nessun luogo e nessuna situazione in cui noi, figli amati, non siamo sotto il Suo sguardo amorevole di Padre. Per questo non dovremmo temere nulla. Con San Paolo dovremmo dire “Se Dio è per noi, chi sarà contro di noi? Egli, che non ha risparmiato il proprio Figlio, ma lo ha consegnato per tutti noi, non ci donerà forse ogni cosa insieme a lui?” (Rm 8,31b-32).

Per questo motivo, subito dopo, Gesù può dire “Pace a voi”. Anche nella situazione più sconvolgente per gli apostoli che è quella di aver sperimentato la perdita del loro maestro, la morte del Messia in cui avevano riposto tutte le loro fiducia, lo smarrimento che li aveva fatti fuggire e rinnegare Gesù, la paura che anche a loro tocchi la stessa sorte che li fa stare dentro a porte chiuse, anche allora Gesù può dire “pace a voi”. Come si può essere in questa pace quando tutto nella nostra vita sembra fallire e crollare se non confidando nel Signore, sapendo che Lui non ci abbandona mai e che il Suo sguardo di amore è sempre fisso su di noi? Senza questa coscienza la nostra sofferenza e la croce sono dolori insopportabili e senza senso. Se invece ci apriamo alla fede allora il nostro orizzonte cambia. La vita terrena non è più l’assoluto e possiamo affrontare anche la prova con serenità.

Spesso capita che facciamo esperienza di questo e cioè del fatto che proprio nel momento più difficile della nostra vita, quando ogni speranza sembrava perduta, abbiamo incontrato lo sguardo misericordioso del Signore. Questo incontro può essere avvenuto in molti modi: o attraverso la vicinanza o la testimonianza di qualche fratello, o attraverso la comunità, o attraverso la Parola di Dio …; non importa il modo che Lui ha scelto per venirci incontro nel nostro bisogno, la cosa importante è riconoscere la Sua presenza e l’azione della Sua grazia in nostro favore. Queste sono le esperienze di resurrezione che possiamo già sperimentare nella nostra vita.

Non è che Dio sia presente solo quando siamo nella sofferenza e nel bisogno, quando sperimentiamo il limite e la debolezza, ma forse in quei momenti siamo più sensibili e più attenti. Pensiamo alla parabola del fariseo e del pubblicano al tempio: entrambi si recano al tempio per pregare alla presenza del Signore, ma il realtà il fariseo non si accorge di avere bisogno del Signore e della Sua misericordia. Crede di essere a posto e anzi presenta a Dio il “conto” delle sue buone opere quasi per avere da Dio la ricompensa dei suoi meriti. Gesù non loda questo tipo di religiosità. Il pubblicano invece si presenta con umiltà e con spirito contrito e incontra la misericordia del Signore. Questo non vuol dire che la religione sia qualcosa solo per i derelitti e per chi sperimenta la propria debolezza, ma sicuramente l’umiltà è l’atteggiamento giusto per accogliere la grazia del Signore. Pensiamo a Maria che nel Magnificat dice “ha rivolto lo sguardo alla bassezza, alla piccolezza, della sua serva” (Lc 1,48) o a San Paolo che dice “Mi vanterò quindi ben volentieri delle mie debolezze, perché dimori in me la potenza di Cristo … quando sono debole, è allora che sono forte” (2Cor 12).

Sono queste le esperienze che ci cambiano la vita ed è utile fare memoria grata di queste esperienze per rendere grazie a Dio, per ritrovare il vigore e l’entusiasmo nel cammino, e per condividerle con i nostri fratelli. Ancora San Paolo dice: “Sia benedetto Dio, Padre del Signore nostro Gesù Cristo, Padre misericordioso e Dio di ogni consolazione! Egli ci consola in ogni nostra tribolazione, perché possiamo anche noi consolare quelli che si trovano in ogni genere di afflizione con la consolazione con cui noi stessi siamo consolati da Dio.” (2Cor 1,3-4). Ed è proprio per questo che Gesù può affidare ai discepoli il mandato missionario, ma solo quando “saranno rivestiti di potenza dall’alto”, perché i veri missionari non devono portare loro stessi e la loro sapienza, ma quella che viene dall’alto e cioè dallo Spirito Santo.

Un’altra cosa che mi colpisce è l’incredulità dei discepoli dovuta alla loro gioia: “per la gioia non credevano ancora”: a volte non riusciamo a credere a qualcosa perché “è troppo bella per essere vera”. Non è forse vero che facciamo fatica a credere a un Dio che ci ama così tanto da essere disposto a morire per noi? Non è forse vero che facciamo fatica a pensare che Dio ci voglia accogliere nella comunione di amore trinitaria come suoi veri figli? E invece è proprio così.

L’ultima sottolineatura che faccio è relativa a questi versetti: «Allora aprì loro la mente per comprendere le Scritture e disse loro: “Così sta scritto: il Cristo patirà e risorgerà dai morti il terzo giorno”». Questo nelle Scritture, e cioè nella Bibbia, non è mai scritto chiaramente; per questo abbiamo bisogno dello Spirito Santo che ci illumini e ci aiuti ad interpretare il vero senso profondo presente nella Scrittura stessa. Luca insiste molto su questo. Era successo anche ai discepoli di Emmaus che solo alla spiegazione di Gesù sulle profezie su di Lui contenute nella Scrittura stessa avevano sentito i loro cuori ardere. Succederà anche negli Atti degli Apostoli, scritti dallo stesso Luca, dove il diacono Filippo spiegherà al funzionario etiope che il carmo del servo sofferente di YHWH, del profeta Isaia, che sta leggendo si riferisce a Gesù. Non è la spiegazione intellettuale delle Scritture stesse a rivelarcene il vero senso nascosto; solo l’autore principale delle Scritture, e cioè lo Spirito Santo, può rivelarcene il senso. Pensiamo all’episodio riportato da Luca al capitolo 10: «In quella stessa ora Gesù esultò di gioia nello Spirito Santo e disse: “Ti rendo lode, o Padre, Signore del cielo e della terra, perché hai nascosto queste cose ai sapienti e ai dotti e le hai rivelate ai piccoli. Sì, o Padre, perché così hai deciso nella tua benevolenza”.» (Lc 10,21). Quando ci accostiamo alla Sacra Scrittura dobbiamo farlo sempre con umiltà e in un contesto di preghiera e di ascolto. Non dobbiamo mai farlo con presunzione e superbia altrimenti Dio ci disperderà nei pensieri del nostro cuore. Non dobbiamo pensare di essere noi a dire qualcosa sulla Bibbia e su Dio; è la Bibbia che ci rivela chi siamo, in relazione con Dio, e che dice una parola autorevole su di noi e sulla nostra vita.

 

Preghiamo con la seconda colletta: O Padre, che nella gloriosa morte del tuo Figlio hai posto il fondamento della riconciliazione e della pace, apri i nostri cuori all’intelligenza delle Scritture, perché diventiamo i testimoni dell’umanità nuova, pacificata nel tuo amore. Per il nostro Signore Gesù Cristo.

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